
Quando posso, durante le mie visite a Sansepolcro, vado a visitare la chiesa di Sant’Antonio abate. Questo Sant’Antonio mi è simpatico; è quello che in casa chiamavano Sant’Antonio dalla barba lunga forse per distinguerlo da quell’altro, il portoghese sempre ben rasato. Il mio Sant’Antonio è quello che protegge gli animali domestici. Nella porta della stalla della Pieve Vecchia c’era inchiodata una sua benevole immagine, mi piaceva il maialino, sembrava che mi sorridesse.

Nell’antica chiesa c’è uno stendardo del Signorelli, ma la ragione della mia visita è un’altra: è la chiesa della Rimembranza. Voglio rendere omaggio ai morti di tutte le guerre con i nomi scolpiti sul marmo; rileggendo quei nomi sconosciuti me li fa sentire vicino, cerco di immaginarli, diciamo che è una mia maniera di dire il rosario.

Quella che era cominciata per l’Italia nel maggio del 1915 come la Guerra all’Austria era poi diventata agli inizi degli anni 20 la Grande Guerra. Forse il nome doveva intimidire, si stavano facendo i conti di quella catastrofe; in molti sperarono che sarebbe stata l’ultima, la guerra per finire tutte le guerre, ma si sbagliavano. Venne un’altra guerra che per la sua catastrofica portata offuscò la precedente. La chiamarono Seconda Guerra Mondiale dando un nuovo nome alla precedente, Prima Guerra Mondiale, avevano creato una cronologia. Speriamo che sia conclusa.
Alla fine del 1918 e negli anni successivi i sopravvissuti pensarono bene di ricordare, commemorare quelli che erano morti, i caduti. Credo che non esista un piccolo paese o una grande metropoli in Europa e in America dove non siano stati eretti monumenti, e scolpito lapidi con i nomi di quelli che non ritornarono, spesso assieme ai nomi dei caduti d’altre guerre.
A Sansepolcro il primo monumento ai caduti fuori della Porta del Castello fu, con il Parco della Rimembranza, inaugurato nel giugno del 1925 e smantellato nel 1940. Fu anche scelta la chiesa di Sant’Antonio che fu dedicata alla memoria con le lapide coi nomi dei caduti.
Durante la mia recente visita a Sansepolcro, due settimane fa, sono andato a visitare la chiesa ancora una volta mi sono commosso.
In questi giorni si ricorda il centenario di Caporetto, e sembra che tutti vogliano dire loro, non ho nulla di nuovo da aggiungere. Dopo cent’anni di certo non si trova un consenso di opinioni, ognuno rimane con la propria, ognuno pensa che la sua sia quella giusta.
I 207 Borghesi nelle lapidi della Grande Guerra non sono solo nomi, ognuno di loro era una persona, ognuno soffrì un orribile agonia, ognuno lasciò persone care e letti vuoti; solo “una straordinaria combinazione di sfortunati eventi” (come direbbe in questo caso Gian Domenico Vaccarecci) li fece scontrare con una pallottola, una bomba, una malattia o qualcos’altro di letale.
Con loro si ruppe la catena.

Nella lapide degli 84 caduti della Seconda Guerra Mondiale sono stati aggiunti 3 che morirono in Africa Orientale, nella guerra d’Abissinia.
Di certo ne manca uno. Un Borghese, non ne ricordo più il nome, che come mio padre fu mandato in Libia nel 1924; questi morì nel Fezzan l’anno dopo. Mio padre mi raccontava che era stato spedito per punizione in un lontano fortino nel deserto del sud della Libia. Era stato punito perché aveva dato un calcio ad un mussulmano chino sul suo tappetino a pregare.
Anche le sue ossa, per “una straordinaria combinazione di sfortunati eventi”, si sono sperdute fra i granelli di sabbia del Sahara… ed era partito dal Borgo, un giorno aveva preso il trenino che l’avrebbe portato ad Arezzo … e …
Per finire, la prossima volta che passate da quelle parti entrate nella chiesa di Sant’Antonio, leggete quei nomi.
207 non è solo un numero, è una folla di persone, ognuna con la sua storia.
Non ho finito. Anche se nessuno mi ascolta, non mi stanco di perorare la causa della placca bronzea del vecchio monumento. Togliamola dall’oscurità e mettiamola nel cortile del comune, il Palazzo delle Laudi.

PS: Alcuni anni fa il prof. Alvaro Tacchini di Città di Castello pubblicò una attenta e curata monografia “L’Alta Valle del Tevere e la Grande Guerra.”
Marblehead, 25 ottobre 2017
Ho finito di scrivere un romanzo storico-erotico “L’Adele e Thaddeus” La storia si sviluppa in nove giorni quando Garibaldi con la sua legione passò per la Val Tiberina, fine luglio 1849. “In tempo di guerra non si perde tempo”
Sto cercando di pubblicarlo senza successo, cerco un agente letterario e un editore. Se siete curiosi di leggere le prime due giornate delle avventure dei noi nostri eroi, questo è il link al mio
blog:https://faustobraganti.wordpress.com/
Il mio blog di memorie M’Arcordo… www.biturgus.com/
Ho pubblicato il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” che può essere acquistato nelle librerie di Sansepolcro.