120 1952 Il Sor Marco Buitoni celebra i suoi 25 anni a Sansepolcro.

4 ottobre 1952 foto ricordo, il Sor Marco Buitoni e i suoi collaboratori.

Bella e tipica fotografia di gruppo; il gran capo circondato da tutti i suoi collaboratori, sono loro che hanno reso possibile il successo della compagnia. Il gran capo lo sa, e coerente al suo stile paternalistico, ha riunito tutti per condividere, celebrare un evento, un evento del tutto personale.

“… la mia venuta a Sansepolcro.”

Infatti lui non era di Sansepolcro, era perugino.   

Chiamarono un fotografo, purtroppo non ho qui l’originale per vedere chi fosse. Di certo venne con una gran macchina fotografica col soffietto nero, montata su un treppiedi e lui si nascose sotto un panno nero e premette la peretta. Probabilmente aveva con se un assistente per mettere tutta quella gente in posa, penso siano un’ottantina.

Diciamo che la famiglia Buitoni, come tante grandi famiglie, ha una storia complicata. A parte il fatto che ne so ben poco e quello che ricordo mi è stato raccontato, io non posso di certo narrarvela. L’hanno già fatto altri. Diciamo che mi limito a un giorno, il 4 ottobre 1952, era un sabato, forse c’era meno da fare e la Silvia (accovacciata sotto il Sor Gherardo) ha lasciato il centralino, e quello che era successo 25 anni prima, nel 1927, il giorno che il Sor Marco arrivò a Sansepolcro.

Il 1927 fu per i Buitoni di Sansepolcro un anno difficile, per alcuni tragico. Un tracollo economico portò quasi alla chiusura dello stabilimento. La famiglia a quel tempo si era già divisa in due rami, quelli di Sansepolcro e quelli di Perugia, che lavoravano e cooperavano in parallelo. I quel momento difficile che poteva finire in una catastrofe generale i “perugini” presero il sopravvento e spedirono Marco, uno dei 5 fratelli, a Sansepolcro, aveva 33 anni, a prendere le redini dello stabilimento. Il tempo e gli eventi provarono che Marco era stato all’altezza della situazione, la Buitoni iniziò un nuovo gran periodo di successo e di gloria e la ripresa dopo la guerra disastrosa fu un’ulteriore prova del buon lavoro.

Ecco, penso che quel giorno il Sor Marco volle quella foto come per provare a se stesso, “ecco ce l’ho fatta”, e non ha dimenticato chi lo ha aiutato a raggiungere il successo.

A proposito della foto: Il Sor Marco è al centro che guarda direttamente al fotografo, alla sua sinistra un signore con gli occhiali neri con lo sguardo verso il basso, questo è Sor Gherardo, l’unico sopravvissuto all’ecatombe dei Buitoni di Sansepolcro nel 1927, non so come fece a mantenere la sua parte di potere. Alla destra del Sor Marco c’è un signore alto di profilo, penso che sia uno dei fratelli, forse Luigi di Perugia?   

Da notare che la gran scala monumentale sembra a buon punto ma i lavori non sono finiti, ancora il busto bronzeo di Giovanni Buitoni non è al suo posto.

Voglio anche pensare al Sor Marco che scrive una dedica personale in ogni fotografia, usando una bella penna stilografica e una segretaria che lo aiuta stendendole sopra una gran tavola, l’inchiostro si deve asciugare.

Quanti cassetti a Sansepolcro hanno ancora questa foto?

Per finire, i tempi cambiano, immaginate il Sor Marco con un telefonino in mano che grida “Sorridete!!” e cerca di far entrare un’ottantine di persone in un selfie.

Fausto Braganti,

 ftbraganti@verizon.net

29 settembre 2020 ancora a Tuchan nelle Corbieres.

Ho pubblicato il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” che può essere acquistato nelle librerie di Sansepolcro. Questo è un breve filmato dell’inizio della presentazione del libro avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo “sala del biliardo”) del Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015.

 filmato della presentazione del libro M’Arcordo… 25 aprile 2015

  

119 1959 circa, i portieri della Buitoni e la Silvia centralinista.

centralino del vecchio Hotel Terminus, Carcassonne

Ieri sono entrato in un magazzino a Carcassonne (Francia) e del tutto inaspettato mi è comparso davanti un mobile polveroso che credo la gran maggioranza della gente non sappia cosa sia, o meglio cosa fosse stato un tempo, ma a cosa serviva?

Non molto tempo fa incontrai un ragazzo, direi circa 15 anni, che mi raccontò d’una sua recente visita al Museo della Scienza a Milano. Mi raccontò d’una sua eccitante esperienza, aveva fatto una telefonata con un telefono nero, pesante, che aveva un disco con i numeri. Non l’aveva mai visto prima.

Immaginate se avesse visto questo centralino telefonico!

Ritorniamo a ieri, quando io l’ho visto ho fatto una repentino balzo nel tempo e un sorriso, un nome mi son venuti alla mente, quelli di Silvia Boschi. Era lei la centralinista della Buitoni. Con la sua voce suadente e gentile smistava centinaia di telefonate e si diceva che non sbagliasse mai, ovvero metteva sempre lo spinotto nel buco giusto. non sbagliava. Era lei quella che controllava le comunicazioni, sapeva tutto di tutti.

“Da qui in tutto il mondo” diceva un gran cartello pubblicitario della Buitoni che si ergeva lungo la Tiberina 3bis. La Silvia era il primo contatto rapido con il mondo.  Niente computer in quei giorni.

la Silvia con i portieri della Buitoni, (foto dell’archivio di Claudio Pannilunghi)

Nella fotografia la Silvia è l’unica donna assieme alla squadra dei portieri della Buitoni, davanti alla vecchia portineria, in faccia a via Giovanni Buitoni. Le mura erano state abbattute per dare accesso allo stabilimento, la vecchia Porta del Castello era stretta e angusta, non adatta al traffico d’una industria come la Buitoni.

Quella porticina che si intravede era l’ingresso di tutti gli operai, e subito sulla destra, appena entrati, c’era una finestra e da lì si vedeva seduta la Silvia, di profilo e davanti a lei c’era il centralino, con quel pannello pieno di buchi e di spinotti che lei inseriva e toglieva con un’incredibile velocità, per smistare le chiamate in arrivo e in partenza. Io ero affascinato, mi piaceva guardarla, e mi domandavo, ma come fa a non confondersi con tutti quei fili? Quello era un telefono che non suonava, c’erano delle lucine che si accendevano.    

Così ieri ho pensato alla Silvia, ed ho sorriso, lei era un’amica de la mi’ mamma.

Al Borgo c’era un altro centralino, quello pubblico, davanti al comune, nella spazio occupate oggi dall’ufficio turistico. Ieri ho pensato alla Silvia e non a Bista, lui non sorrideva mai.

 

PS: questo centralino apparteneva all’Hotel Terminus di Carcassonne, è stato salvato all’ultimo momento, era già destinato alla discarica.

Fausto Braganti,

28 settembre 2020 ancora a Tuchan nelle Corbieres.

 Ho pubblicato il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” che può essere acquistato nelle librerie di Sansepolcro. Questo è un breve filmato dell’inizio della presentazione del libro avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo “sala del biliardo”) del Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015.

 filmato della presentazione del libro M’Arcordo… 25 aprile 2015

 

 

096 1950 circa il Sor Marco senza cravatta, scampagnata ai Prati Alti sopra Sansepolcro.

1950 circa Sor Marco Buitoni senza cravatta

Penso che sia una foto rarissima, documento d’un evento quasi storico, il Sor Marco Buitoni si è tolto la cravatta, ma non la giacca.

Il Sor Marco, in piedi al centro in alto, in questa occasione si è unito ad un gruppo di operai che hanno organizzato una scampagnata ai Prati Alti, sopra Sansepolcro. Era un gesto tipico della vecchia gestione paternalistica che voleva dimostrare l’amicizia, l’accessibilità, del padrone verso gli operai. Nel caso specifico del Sor Marco posso aggiungere, per quello che sentivo dire da mio padre, che lui era sempre pronto ad ascoltare le richieste di chi aveva bisogno, era generoso.

Penso che questi eventi vennero organizzati fino agli anni sessanta, poi arrivarono gli esperti a modernizzare l’industria.

Il mi’ babbo nella foto è seduto al centro, proprio sotto di lui, con gli occhiali e il cappelluccio bianco. Il mi’ babbo aveva una funzione di filtro, era lui che andava dal Sor Marco a presentare le richieste individuali.

Nota: il Sor Marco preferiva portare scarpe con i bottoni, quelle che non si allacciano ma si deve usare un piccolo uncino per tirare il bottone entro l’occhiello. Ricordo che una volta parlando con mio padre si lamentava perché era rimasto solo un calzolaio ad Anghiari capace di fargli le scarpe coi bottoni. Ero piccolo e questo mi pareva strano.

Marblehead, 2 gennaio 2019

Come molti di voi sanno ho scritto un romanzo storico-erotico “L’Adele e Thaddeus”

La storia di passione si sviluppa in nove giorni quando Garibaldi con la sua legione passò per la Val Tiberina, fine luglio 1849. “In tempo di guerra non si perde tempo” Da tempo sto invano cercando di pubblicarlo senza successo. Se siete curiosi di leggere le prime due giornate delle avventure dei nostri eroi, questo è il link al mio blog:

https://faustobraganti.wordpress.com/

Il mio blog di memorie M’Arcordo… www.biturgus.com/

Ho pubblicato il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” che può essere acquistato nelle librerie di Sansepolcro. Regalate il libro M’Arcordo… per Natale, sarà certo una dono gradito per i tutti i Borghesi vicini e lontani.

Questo è un breve filmato di Pascale dell’inizio della presentazione del libro avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo “sala del biliardo”) del Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015.

Presentazione del libro “M’Arcordo…”

 

094 2018, dicembre, Danvers Massachusetts, Buitoni a Market Basket.

Penso che una comune esperienze di tutti quelli che sono al giro per il mondo sia la classica domanda quando incontrano un connazionale:

“Ma Lei di dove è?”

Immaginate quante volte mi è stata rivolta questa domanda negli ultimi 50 anni. La mia risposta “Sansepolcro” ha sempre avuto una prevedibile tipologia di reazioni negli interlocutori. Una buona parte rimane sorpresa, prima perché non lo conoscono e poi perché il nome non è bello, semplicemente macabro. Penso che questa sia la ragione che fra di noi lo usiamo ben poco, noi siamo Borghesi e siamo del Borgo. Penso che questa sia anche la ragione perché i nostri antenati ebbero la necessità di riscoprire una dubbia origine in una fantomatica Biturgia. Volevano liberarsi del “sepolcro”. Lo stesso stemma col sarcofago, benché sia quello di Cristo, può far storcere la bocca a molti. Perso che proprio per questo il Podestà Angelo Mariucci aggiunse il Cristo Risorgente al sarcofago.

Alcuni hanno sentito dire Sansepolcro ma poi non sanno dove sia e spesso aggiungono “Umbria?” La risposta è sempre enfatica “Ma no, Toscana!” A questo ci teniamo moltissimo. Quello che sovente aggiungiamo con fierezza, “La città di Piero della Francesca.” Diciamo che negli ultimi anni il nome di Piero e le sue opere sono molto più conosciuti. Poi per finire “pasta Buitoni”. Questo era ed è la chiarificazione che ha il cento per cento dei consensi, tutti conoscono la “pasta Buitoni”, anche se i giorni di gloria sono finiti nel passato. I nomi di altre paste hanno preso il sopravvento.

Pasta Fresca Buitoni distribuita negli Stati Uniti

Oggi negli Stati Uniti vengono venduti solo prodotti Buitoni tipo paste fresche e sughi, la scelta e grande come lo è anche la distribuzione, ma niente spaghetti o rigatoni.

Ho visto questa vetrina la settimana scorsa. Rimane solo un dubbio: la scelta. Amici Borghesi non preoccupatevi, nell’incertezza non ho comprato niente, il confronto con la mi mamma sarebbe stato inevitabile.

Non si trovano più gli spaghetti o altri tipi di pasta secca una volta prodotti nello stabilimento di Hackensuck New Jersey, quello voluto da Giovanni Buitoni. Non ho mai visto quelli importati dall’Italia. Il mercato americano è dominato da Barilla, che da qualche parte hanno uno stabilimento, che originalmente era stato costruito da Spigadoro di Bastia Umbra.

Giovanni Buitoni aveva iniziato l’avventura americano proprio prima della guerra. Il grande lancio iniziò negli anni cinquanta, anche col contributo di diversi Borghesi che si trasferirono in New Jersey.

Seguirono anni di espansione, del gran successo della Buitoni in Europa, come in America. I prodotti venivano spediti in tutto il mondo.

Pubblicita’ televisiva 1967

Nel film “Un Italiano in America” (1967) Alberto Sordi, un benzinaio d’una stazione di servizio alla periferia di Roma, si ritrova in poche ore sul palcoscenico d’uno studio televisivo a New York dove, in un programma seguito da milioni di spettatori, incontra il padre che non aveva mai conosciuto, Vittorio de Sica. La scena dai toni melodrammatici viene d’improvviso interrotta dalla pubblicità e cosa poteva esser meglio d’un bel pacco di spaghetti Buitoni? Ve lo ricordate? Giovanni Buitoni aveva fatto un altro bel colpo, di gran successo.

 

Marblehead, 12 dicembre 2018

Come molti di voi sanno ho scritto un romanzo storico-erotico “L’Adele e Thaddeus”

La storia di passione si sviluppa in nove giorni quando Garibaldi con la sua legione passò per la Val Tiberina, fine luglio 1849. “In tempo di guerra non si perde tempo” Da tempo sto invano cercando di pubblicarlo senza successo. Se siete curiosi di leggere le prime due giornate delle avventure dei nostri eroi, questo è il link al mio blog:

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Presentazione del libro “M’Arcordo…”

 

040 1925-11-30 Sansepolcro, una cartolina della Buitoni

Cartolina pubblicitaria Buitoni 1925

Penso che lo sappiate da tempo: mi piace analizzare, studiare fotografie e cartoline, ognuna ha la sua storia e conto sempre sul contributo di tutti voi.

Nel centro di questa cartolina pubblicitaria della Gio, e Flli,Buitoni domina il disegno dello stabilimento di Sansepolcro con due ciminiere fumanti. A quei tempi il fumo nero che saliva in cielo non era simbolo di inquinamento, al contrario, era simbolo di modernità e di potenza industriale. L’edificio è in parte circondato dalle medaglie vinte a fiere ed esposizioni internazionali che confermano il riconoscimento dei meriti dei prodotti Buitoni.

In alto “Glutineria e Pastifici”. Viviamo in un’era in cui stranamente hanno deciso, per farci soldi sopra, che il glutine fa male. Non dico altro in merito, e rispetto quella piccola minoranza di celiaci. Poi viene la scritta “con Molino a Cilindri”. Mia nonna, morta nel 1956, lo ha chiamato sempre e solo “molino”.

Sulla sinistra vengono indicati due pastifici, uno a Città di Castello e uno a Perugia, ma cosa successe a questi? La Perugina è ancora del tutto separata. Poi vengono indicate le “sportazioni d’olio d’oliva e vini toscani”. Questa conferma una pubblicità scoperta alcuni giorni fa in cui si vede il nome Buitoni associato con il Chianti Melini.

chianti Melini Buitoni

I francobolli e i timbri: questa cartolina è stata timbrata il 30 11 25, la numerazione dell’era fascista non è ancora iniziata. Quello che trovo strano che nel timbro siano indicate tre città Firenze Empoli Livorno. Ma da dove è partita. Il destinatario, Cavaliere Ufficiale Avvocato Guido Ricci di Siena, doveva essere molto importante, gliela hanno spedita “espresso”. Ma cosa ci sarà stato scritto dall’altra parte?

Infine lo Stab. Tip. Boncompagni di Sansepolcro, lo ricordo benissimo, per la Via Maestra, di fronte alla farmacia Galardi.

PS: 1925, la gestione della Buitoni e ancora sotto la guida dei Buitoni di Sansepolcro (Sor Guido, Sor Silvio, Sor Gherardo) nel 1927 arrivarono i perugini, a Sansepolcro il Sor Marco. Nel 1925 il mi’ babbo era in Libia e mia mamma (10 anni) fu guardia d’onore per l’inaugurazione del monumento ai caduti.

 

Fausto Braganti

 

Marblehead, 20 giugno 2017

 

Ho finito di scrivere un romanzo storico-erotico “L’Adele e Thaddeus” La storia si sviluppa in nove giorni quando Garibaldi con la sua legione passò per la Val Tiberina, fine luglio 1849.                   “In tempo di guerra non si perde tempo”

Ora sto cercando di pubblicarlo, cerco un agente letterario e un editore. Sembra proprio che nessuno sia interessato. Se siete curiosi di leggere le prime due giornate delle avventure dei noi nostri eroi, questo è il link al mio

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017 Sansepolcro, la Buitoni e noi figli di ladruncoli.

matita Buitoni, circa 1950
matita Buitoni, circa 1950

Ho scritto altre volte sulla Buitoni, sulla pastina glutinata e tante storie varie spesso tramandate per sentito dire e mi riferisco al periodo che conosco, quello del dopoguerra, fino agli anni sessanta. E non sono il solo, son sempre sorpreso, e con piacere, quando vedo pubblicato in Facebook un’altra vecchia immagine che non conoscevo. Sorrido soddisfatto, chissà quanta roba c’è ancora nascosta, dimenticata nei cassetti di Sansepolcro e non solo.

Scavate, mi raccomando!

Per tanto di questo materiale che ci ricorda la gloriosa Gio. & F.lli Buitoni dobbiamo tanto ringraziare i nostri cari genitori, ladruncoli. Gli stessi Buitoni non credo abbiano lasciato molto.

Se i miei avessero scoperto che io avevo rubato una matita o una gomma al mio compagno di banco sarebbe successo la fine del mondo, punizioni di tutti i tipi e mia madre mi avrebbe trascinato subito in chiesa a confessarmi.

Vergogna!

Per la cronaca: non ho mai rubato nulla a nessuno, eccetto il rigatone gigante, ma quella è un’altra storia.

Questa regola di non rubare non era la stessa per tutti. Infatti occasionalmente il babbo compariva con delle matite colorate, delle carte assorbenti con la classica scritta Buitoni e tanti altri prodotti promozionali che i rappresentati offrivano ai negozianti in giro per l’Italia. Una buona quantità non andava lontano, rimaneva a Sansepolcro.

Mai e poi mai avrei pensato che mio padre fosse un ladruncolo, era come se quello che mi portava gli appartenesse di diritto, era un suo privilegio. Semplice, prendeva dalla sua scrivania quello che era suo e lo portava a casa, la Buitoni apparteneva anche a lui.

Io poi andavo a scuola e tutto fiero di scrivere con una nuova matita colorata che mi ricordava di mangiare la pastina glutinata, quella che faceva il mi’ babbo.

carta assorbente Buitoni circa 1950
carta assorbente Buitoni circa 1950

 Nei vari trasferimenti per il mondo ho avuto modo di conservare gelosamente due matite e una carta assorbente (cartasciuga) Buitoni. In quei semplici oggetti senza valore se non per quelli che glielo vogliono dare, c’era tanta storia.

Molti anni fa ebbi uno storico incontro con uno dei rampolli della famiglia, da poco arrivato a New York, con il titolo di presidente d’una prestigiosa compagnia. Non ci vedevamo forse da 25 anni e proprio per celebrare l’evento decisi di portagli una delle due matite. Era un incontro di lavoro; memorabile la prima domanda che mi fece quando entrai assieme al mio grande capo nella sala riunioni già piena di gente. Senza preamboli o convenevoli mi si avvicinò e ad alta voce mi chiese:

“Fausto, ma te la Hilary te la pipavi?”

Anche se i presenti erano tutti italiani non credo che nessuno capì il significato della domanda.

“Forse un giorno te lo dico.”

Ancora quel giorno non è venuto e non so neanche se sia ancora a New York.

Durante un intervallo della riunione gli diedi la matita Buitoni. Non ne fu particolarmente sorpreso o contento, mi disse che non ne aveva mai viste. Subito mi pentii d’avergliela portata, temo che la gettò nel cestino.

Ecco, si vede che suo padre non gli portava nulla dall’ufficio; suo padre non era un ladruncolo. 

Fausto Braganti

 

Marblehead, 3 marzo 2017 

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015 1938. Sansepolcro, adunata fascista di dipendenti Buitoni. Ma chi sarà arrivato?

Sansepolcro 1938, adunata di giovani fasciste, dipendenti Buitoni
Sansepolcro 1938, adunata di giovani fasciste, dipendenti Buitoni

Le adunate, le adunate di tutti i tipi, furono una caratteristica del periodo fascista. A parte il semplice e ovvio obbiettivo propagandistico c’era quello di far sentire i partecipanti fieri di appartenere a un gruppo, stavano costruendo e rimodellando l’Italia; loro erano i protagonisti. Questo, secondo me a parte il giudizio politico, aveva un aspetto positivo nel creare un solido legame d’amicizia fra i partecipanti, uniti in una causa comune. L’unione fa la forza, piuttosto che: chi fa da se fa per tre. La divisa rendeva tutto eguali, sole le medaglie erano il riconoscimento dei meriti individuali da sfoggiare con orgoglio.

Un amico mi regalò questa foto alcuni anni fa, fra le ragazze c’era sua madre. Il signore corpulento sulla sinistra con il cappello con l’aquilone è mio padre. Non ho nessuna altra immagine di lui in divisa fascista. Questa è forse una delle ultime manifestazioni a cui partecipò. So che prima della dichiarazione della guerra si era già allontanato dal partito; non ne parlava volentieri, credo che in fondo si sentiva tradito. Ho gli stivali e con i resti della giacca nera d’orbace mi ci feci fare un gilè.

Sorrido pensando a certe epiche immagini di fascisti impettiti a capo di manipoli di baldi giovani con la camicia nera, mentre mio padre mette in file solo le ragazze della Buitoni che impazienti attendono l’arrivo di qualche importante gerarca.

Credo che fosse la Buitoni a pagava per le divise.

Marblehead, 16 febbraio 2017 

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