
A suo tempo abbiamo calorosamente celebrato gli eroici arditi che fecero l’impresa, e son passati due anni da quel memorabile primo aprile. Mi reputo fortunato, infatti io, che abito lontano e che in genere vengo al Borgo solo un paio di settimane all’anno, mi ritrovai a passare per caso proprio davanti Porta Fiorentina, era la domenica mattina di Pasqua.
Si, io ho visto la porta, maestosa, in tutta la sua effimera gloria. Peccato!
Sapete il resto della storia e non c’è bisogno che ve l’ardica.
Dopo tante foto scattate dall’esterno entrai e scattai questa dall’interno. Oggi l’ho rivista e mi ha fatto pensare. Proprio in questi giorni di isolamento ho provato differenti emozioni, la prima è che tutto mi pare così lontano, come se due anni fossero un secolo. Tutto è nuovo e cerchiamo di imparare, quando poi non possiamo far altro che cercare di sopravvivere.
Vi scrivo da sfollato, son lontano a Tuchan, per l’esattezza a 995 km dal Borgo. In questo momento vedo la luce d’un pallido sole illuminare le montagne rocciose di rimpettaio alla mia casa, dall’altro lato della valle nella Corbieres, terra dei corvi come la chiamarono i Romani più di 2000 anni fa. I Romani erano gran girelloni.
Le porte chiuse servono per proteggerci dai nemici all’esterno, ma anche per impedire a quelli che sono dentro a sortire. In queste ultime settimane ci siamo auto imprigionati per difenderci. Vediamo la porta, tutte le porte, dal di dentro.
Verrà il giorno, e siamo tutti in fremente attesa e pieni di speranze che sia in un prossimo futuro, riapriremo quella porta. Correremo felici cantando a squarciagola o cauti ci guarderemo da ogni lato prima di fare il primo timido passo?
E cosa ritroveremo fuori della porta? Questa è l’incognita.
Noi stessi saremo differenti e non sappiamo in qual modo e di quanto. Anche i più semplici rapporti umani, sociali, saranno cauti, circospetti; smetteremo di stringerci la mano? Forse ci saluteremo come i giapponesi con un semplice leggero inchino? O forse come gli indiani, le mani a mo’ di preghiera e un semplice ”namaste”.
In uno dei suoi primi lavori teatrali Bertold Brecht narra la storia d’un soldato che dopo 4 anni ritorna dalla guerra; trova Berlino (1918) intatta, nessun segno del conflitto, nessuna bomba è caduta sulla città, le trincee erano lontane. In quella pace illusoria crede di ritrovare tutto come prima, come il giorno che è partito. La sua è solo un’illusione, tutto è cambiato e non c’è più posto per lui.
Apriremo quella porta, ma quando? e usciremo ma non tutti e poi cosa troveremo?
Voglio sperare che saremo più realistici del soldato e saremo pronti a superare tutto l’imprevisto, ce l’anno fatta i nostri genitori dopo la guerra, ce l’anno fatto i nostri nonni dopo quell’altra.
Non sarà facile, ma ce la faremo. Forza e Coraggio, sempre uniti.
1 aprile 2020
Fausto Braganti, sfollato a Tuchan nelle Corbieres.
Ho pubblicato il libro “M’Arcordo…Storie Borghesi” che può essere acquistato nelle librerie di Sansepolcro. Questo è un breve filmato dell’inizio della presentazione del libro avvenuto nella sala consiliare (quella che io chiamo “sala del biliardo”) del Comune di Sansepolcro, 25 aprile 2015.
filmato della presentazione del libro M’Arcordo… 25 aprile 2015